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Mauro Bole 'Bubu'

 

 

Mauro “Bubu” Bole – (

 

 

1998 – Il triestino Mauro “Bubu” Bole ripete a vista Alpenrose alla Nord della Cima Grande di Lavaredo, senza la parte alta (max 7b+). “Bubu” è uno specialista delle Lavaredo, avendo già percorso a vista lo Spigolo degli Scoiattoli alla Cima Ovest di Lavaredo, la via Kolibris alla Nord della Cima Grande di Lavaredo e Perle ai porci (Muro Giallo) alla Cima Piccola di Lavaredo.

 

1999 – Ma in fatto di difficoltà pura sono sempre Christoph Hainz e Mauro “Bubu” Bole a tenere banco sulle Lavaredo.

 

1999 – 11 agosto. Mauro “Bubu” Bole con Manuel Bosdachin , compiono la prima salita in libera della via Couzy alla Cima Ovest di Lavaredo. In 10 ore per 500 metri di parete, concatena passaggi di difficoltà massima di 8b, che aveva già iniziato a conoscere con i vari tentativi che si sono susseguiti dal 1994.Sui tiri non sono stati aggiunti spit per rispetto verso i primi salitori e per non rovinare una vera e propria pietra miliare dell’alpinismo dolomitico, anche se una caduta avrebbe potuto schiodare tutto.Le assicurazioni presenti infatti sono ancora quelle originarie: vecchi chiodi e cunei di legno. Rafforzano solo alcune soste.

«All’alba dell’11 agosto 1999, a 40 anni dalla prima salita della via, “Bubu” attacca con Manuel Bosdachin che lo segue. Non si cura del fatto che è il giorno dell’ultima eclissi del millennio, sale in libera tutti i tiri, uno dopo l’altro, fino ad arrivare al tiro chiave, quello che supera il grande tetto alla fine degli strapiombi, il tiro più difficile anche in artificiale. Il primo tentativo fallisce, poi “Bubu” cerca dentro di sé tutta l’energia e la concentrazione che ancora riesce a produrre, chiude la porta con il resto del mondo e parte con gli occhi fuori dalle orbite, urlando per scaricare la tensione e l’adrenalina accumulate. Per salire in arrampicata libera la via Couzy aperta in artificiale, “Bubu” ha impiegato 10 ore di scalata e 15 anni di attività estrema.» (E. Švab).

«Ho dato veramente tutto, non mi sono neanche reso conto di non aver moschettonato le protezioni sul tiro chiave e sono arrivato in sosta che mi tremavano le gambe per lo sforzo. Ho guardato il cielo e ho urlato di gioia, ho realizzato un sogno che non mi dava pace.» (Mauro Bole).

Tutte queste ripetizioni in libera, solitarie o concatenamenti delle “vecchie classiche artificiali” sono da attribuire all’interesse che destano gli anniversari di queste prime ascensioni sui mezzi d’informazione. Interesse che naturalmente si trasforma in fama o in pubblicità per chi su di esse si cimenta con modalità innovative.