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Heinz Mariacher – (

 

 

Solo qualche giorno prima Maurizio Giordani (3 agosto 1990) aveva stupito il mondo alpinistico risolvendo uno degli ultimi grandi problemi dolomitici: la prima solitaria sulla Via Attraverso il Pesce sulla Sud della Marmolada.

Heinz MariacherE’ un capolavoro di tecnica e di audacia, con difficoltà che vanno dal sesto all’ottavo grado, tratti superati quasi tutti in libera in dieci ore di arrampicata.

La storia di questa via risale all’estate del 1981, quando i cecoslovacchi Igor Koller e Jndrich Sustr attaccano la zona più inaccessibile della parete Sud della Marmolada e in tre giorni di sforzi riescono a concludere la salita superando, a metà parete, una grande placca di trecento metri. Un vero salto nel futuro ottenuto con mezzi ridottissimi: un mazzo di chiodi da levare e ripiantare, alcuni friend e stopper, due piccoli ganci metallici. E comunque senza l’uso dei chiodi a pressione, i famosi spit che su un calcare compatissimo e avaro di appigli avrebbero fatto piuttosto comodo.

Caratteristiche di questa via sono l’irrinunciabile, difficilissima arrampicata libera obbligatoria, lontane, irrisorie protezioni, psicopassaggi su gancetti al limite della tenuta (dove la protezione cioè è più che altro psicologica), e infine una grande nicchia a forma di balena che rompe la continuità della placca: unico luogo dove poter bivaccare.

Passeranno tre anni (1984) prima che si riesca nella prima e seconda ripetizione realizzate non senza difficoltà e rocamboleschi tentativi da Wolfgang Gullich, poi da Manolo e da Heinz Mariacher. L’itinerario verrà definito “allucinante”.

 

1977Heinz Mariacher con Luisa Jovane liberano sulla parete Sud della Torre di Valgrande (Civetta) la via Delle Guide confermando che il tiro chiave è di 6b-.

 

1977Heinz Mariacher, ripete la via Egger alla Cima Piccola di Lavaredo in libera, utilizzando i numerosi chiodi in loco solo per assicurazione e valutando i passaggi più difficili 6a+.

 

1978 – 18 novembre. Heinz Mariacher e Luisa Jovane sulla via Messner della Marmolada di Rocca elimineranno i 20 metri di A2 percorrendoli in libera.

 

Nei primi anni Ottanta Heinz Mariacher e Luisa Jovane ripetono in libera lo spigolo del Pilastro di Rozes.

 

1980 - Nel settembre, per mano della forte cordata Heinz Mariacher e Luisa Jovane, portano a termine la via Abrakadabra, sulla Sud della Marmolada. Essi salgono tra il diedro Martini e la via Dell’Ideale. Usano 15 chiodi e vari excentrics e superano passaggi di 6b. Salgono questi 850 metri di parete in meno di 11 ore, di getto, al primo tentativo rotpunkt.

Purtroppo a causa della roccia friabile che caratterizza molti passaggi (anche quelli chiave), la via non ottiene un grande successo (anche perché è percorribile solo nel mese di settembre, quando le colate d’acqua della parete superiore svaniscono).

 

1981 - Nell’agosto, arriva la leggendaria via Weg durch den Fisch (Attraverso il Pesce), che supera una curiosa e compattissimo concavità a forma, appunto, di pesce. Heinz Mariacher, ha già provato a salire le immani placche tra la via dell’Ideale e la Conforto, ma sono i cecoslovacchi Igor Koller e Jndrich Sustr a risolvere il problema in tre giorni.

 

1982 – Prende vita il capolavoro di Heinz Mariacher e Luisa Jovane. Dopo molteplici tentativi eseguono con chiodi normali e rigorosissima etica il loro capolavoro sulla parete Sud della Marmolada di Rocca: concludono la via Moderne Zeiten (Tempi Moderni). Il tracciato sale tra la via Vinatzer con variante via Messner e la via Gogna. Ne esce una linea elegante su roccia indimenticabile, destinata a entrare nel novero delle grandi classiche del futuro.

Della salita Alessandro Gogna scrive: «La novità di questo itinerario, a parte l’estrema bellezza, è il modo in cui fu aperto: rotpunkt, a parte un volo». Heinz Mariacher si assicurava su uno sky-hook per chiodare e quindi proteggere il passaggio seguente. Fino ad allora, anche in Yosemite, chi usava un gancio su una piccola concavità rocciosa (goccia) ci metteva su il proprio peso. Sulla falesia francese St. Victoire si era iniziato a usare i ganci per protezione provvisoria. Moderne Zeiten (Tempi Moderni) ebbe immediato successo: le forti difficoltà (massimo 8°-) ma non eccessive rispetto alle possibilità su falesia, la buona protezione in posto, la fantastica bellezza della linea, ne fecero immediatamente il più bell’oggetto da desiderare della Marmolada, un po’ quello che tanti anni prima era successo per la via Gogna. «Moderne Zeiten (Tempi Moderni) piacque quindi, e piace tuttora: un giusto coronamento alla grande attività di Heinz Mariacher sulla Marmolada».

Necessariamente quindi Heinz Mariacher accetta il compromesso di chiodare e poi percorrere il tiro in libera. Questo introduce un’altra novità : la perdita di unità e tempo delle nuove salite. Esse vengono salite un po’, per poi scendere, e ritornare in altri momenti raggiungendo l’ultimo punto salito anche per vie più facili.

 

1983 - Heinz Mariacher, “Maurizio Zanolla Manolo”, Luisa Jovane, Bruno Pederiva decidono di tentare la ripetizione della dimenticata Weg durch den Fisch - (Attraverso il Pesce).(Marmolada).

Questo tentativo, non riuscito è comunque utile agli stessi alpinisti per ritentare e riuscire nell’intento l’anno successivo.

Heinz Mariacher, da sempre contrario all’artificiale, spiega perché decisero di ripetere questa via: «L’arrampicata in artificiale andava contro le nostre regole del gioco, non importava se erano solo pochi metri». La via del Pesce non fu ripetuta. Moderne Zeiten, che avevamo aperto un anno dopo, fu invece subito considerata una via di prim’ordine, perché tutta in arrampicata libera. La via del Pesce tornò al centro dell’interesse generale, perché si sentiva parlare sempre più spesso di tentativi di ripetizione falliti.

Si raccontava che vie di “normale” A3 fossero delle semplici ferrate in confronto dell’A1 del Pesce. Due ragazzi di Vorarlberg si erano spinti più in alto di altri nell’ignoto, e avrebbero di sicuro risolto per primi l’indovinello del Pesce, se il solito temporale non li avesse costretti ad una lunga e difficile ritirata. La loro descrizione dell’A1 dei cecoslovacchi Igor Koller e Jndrich Sustr faceva venire la pelle d’oca agli ascoltatori e si cominciò ad intuire che il Pesce era una via in cui il problema era di riuscire a passare, non importa se in libera o in artificiale.

Nonostante l’inverno già nell’aria e le giornate brevi, ci eravamo decisi ad iniziare lo stesso la lotta per il Pesce».

L’avventura ha inizio: «Era quasi mezzogiorno, quando feci finalmente sosta su una grande clessidra. La conversazione della mattinata era stata piuttosto monotona: “Come va?” “Skyhook!” “E’ duro?” “Skyhook!” “Cosa viene dopo?” “Skyhook!”. “Manolo” si offerse volontario per il probabile ultimo tiro difficile. Nessuno tuttavia credeva che potesse arrivare molto lontano, prima che le nuvole nere si abbattessero su di noi. Dopo quasi tre ore a battere i denti alla sosta sulle staffe non era ancora successo niente, a parte l’arrivo di nuvole ancora più mere. La notizia tanto attesa “sosta” fece rinascere un po’ di speranza. Forse saremmo riusciti a raggiungere la grande cengia prima dell’inizio dello spettacolo:. Alla sosta trovammo solo l’ombra di “Manolo”: sembrava completamente distrutto. Aveva fatto due tiri di corda anziché uno. Alla fine aveva dovuto combattere con una Dülfer di 15 metri, con un attrito bestiale della corda, mentre sotto di lui un dado dopo l’altro usciva dalla fessura. Anche quasi tutte le altre sicurezze rimaste ci erano scivolate incontro mentre risalivamo coi jumar».

Heinz Mariacher continua così il racconto di un altro tiro: «Adesso però “Manolo” non vedeva più niente, neanche appigli o appoggi. Niente di strano: era buio pesto! Incredibilmente veloce e gelida, l’oscurità ci aveva raggiunti; la situazione di Manolo cominciava ad assumere contorni tragici. Era distante 15 metri dall’ultima sicurezza e oltretutto in una posizione che non gli permetteva di riposarsi. Al nostro consiglio di piantare un chiodo da doppia seguì un infausto dleng, dleng, che si affievolì nel profondo. E non era il chiodo a cadere. Il distaccato commento dall’alto, che la situazione cominciava a diventare “davvero molto strana”, non rispecchiava del tutto la serietà della posizione.Essere abbandonato da Dio, dagli uomini e dal martello, attaccato a due piccoli buchi per le dita, nell’oscurità, doveva dare un’insuperabile sensazione di assoluta solitudine. Accendemmo la nostra unica candela per diffondere un piccolo bagliore di speranza attorno a noi. In alto non si muoveva più niente; oltre il vacillare della fiammella si udiva solo Luisa, che naturalmente era stata la prima a cominciare a battere i denti. Poi, d’un tratto incredibilmente, una via d’uscita: le dita disperate avevano tastato ciecamente un buchetto per uno sky-hook. La tensione raggiunse un nuovo punto culminante: fare una doppia su uno sky-hook! Alla luce tremante della fiammella una sagoma oscura scendeva ondeggiando lentamente: Manolo era di nuovo da noi, sano e salvo».

A questa rocambolesca discesa seguirono 400 metri di doppie nel buio, armati solo di quell’unica candela. Questo tentativo, inizialmente non riuscito, di ripetere la via Attraverso il Pesce è comunque utile agli stessi alpinisti per riuscire nell’intento l’anno successivo.

 

1984 – Ha Heinz Mariacher, Maurizio Zanolla Manolo, Luisa Jovane e Bruno Pederiva riesce la ripetizione in Marmolada della leggendaria Weg durch den Fisch - (Attraverso il Pesce), che supera una curiosa e compattissimo concavità a forma, appunto, di pesce. Una via dalle protezioni spaventosamente aleatorie, con artificiale obbligatorio su gancetti appoggiati alle gocce del calcare, ed il duro passaggio di 7°+ con chiodo di sicurezza non troppo buono a circa sette metri, danno filo da torcere alla cordata per tre giorni. I quattro usano la tecnica americana: uno scala mentre gli altri seguono sui jumars.

Scriverà Heinz Mariacher su Alp: «…c’è un passaggio in libera eccezionalmente difficile (VII+) con un chiodo molto cattivo come unica sicurezza lontano sette metri, tanto che viene da pensare che Jndrich Sustr, di appena diciassette anni, non fosse del tutto a posto quando è passato per primo».

 

1986 - Heinz Mariacher e Luisa Jovane iniziano a trapanare salendo dal basso.

In più riprese salgono sulla parete Est del Sasso delle Undici (una delle belle dorsali rocciose che interrompono con lisci e grigi risalti calcarei il piatto bacino del ghiacciaio della Marmolada), aprendo una via (Tempi Modernissimi) di 300 metri e usando tutti i mezzi artificiali in loro possesso compreso il perforatore a batteria. Il risultato è una via con passaggi fino al 7c+ (10°-): di mano in mano che salivano per attrezzare, superavano le lunghezze inferiori (già attrezzate) in arrampicata libera. Heinz Mariacher sceglie una parete priva di memorie storiche per aprire una via dal nome pieno di significato, utilizzando un modo che sapeva avrebbe sicuramente innescato grosse polemiche e discussioni. Egli spiega: «L’alpinismo classico in senso stretto è veramente finito. Qualunque nuovo alpinismo sulle grandi pareti non potrà fare a meno dell’esperienza del free climbing, non potrà ignorarla. La vittoria sulla parete già ora non ha più senso, l’unica vera sfida è aprire itinerari in libera, dal basso, ammettendo eventualmente le protezioni a spit, come del resto sta facendo Michel Piola sul Monte Bianco. Maurizio Giordani, nelle sue prime, usa ancora l’artificiale, sia pure ad altissimo livello, ma non attrezza per permettere una “liberazione” definitiva del passaggio. Quando tornerò alla Parete Sud della Marmolada, sarà per applicare quanto imparato in questi anni di preparazione sportiva e non per fare comunque una prima ascensione. L’esempio di ciò che dico è Tempi Modernissimi, sulla Est del Sasso delle Undici: senza voler paragonare due epoche storiche differenti, come purtroppo Maurizio Giordani ha fatto, le difficoltà sono di gran lunga superiori a quelle di Tempi Moderni, e se la via fosse sulla Parete Sud sarebbe il vero salto di qualità. (…) La via Tempi Modernissimi vuole essere un’idea per il futuro, cercando di rispettare le tradizioni e di innalzare i livelli di difficoltà (il famoso limite) anche in montagna. Ma solo le rocce sanno se “le tradizioni sono o meno tradite”».

Più avanti Heinz Mariacher dirà: « Tempi Modernissimi è stata più avventura che free climbing (…) Tempi Modernissimi di sicuro non è il grande passo in avanti che avevo sempre sognato. Sono sempre convinto che questo passo sarebbe da fare nello stile di Tempi Moderni».

 

1986 - Heinz Mariacher apre la via Kendo di 8a+ in Val San Nicolò (Val di Fassa).

Leggiamo quanto scrive Mariacher: «Alla luce di tutta questa esperienza penso che arrampicare a pochi metri dall’auto non sia certamente un semplice sport o una pura ginnastica come molti alpinisti classici sostengono. Al contrario, richiede un’eccezionale forza psichica, almeno come in montagna».

 

1987 – 15/16 luglio. Heinz Mariacher, con Bruno Pederiva, sulla Marmolada consegneranno la via Attraverso il Pesce – (Weg durch den Fisch) alla storia dell’arrampicata libera dichiarando difficoltà oltre l’ottavo grado.