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Raffaele Carlesso – (1908 – 2000) - CAAI

 

 

Raffaele CarlessoCosta di Rovigo-PN 1908 - Pordenone 2000 - Raffaele Carlesso come alpinista, si formò sulle Alpi Carniche e Giulie e nelle Piccole Dolomiti vicentine (dove aprì, fra l'altro, una bella via sul Baffelan). Negli anni Venti ebbe anche attività agonistica come sciatore. Entrò in contatto con l'ambiente alpinistico bellunese e cominciò a ripetere metodicamente le più difficili vie dell'epoca. Come alpinista era dotato di grande forza fisica e di tenacia, abilissimo nell'arrampicata libera. Sono del 1934 la prima ripetizione italiana della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo, con Giovanni Battista Vinatzer e, pochi giorni dopo, quella della via Comici alla parete Nord-Ovest della Civetta, con Hans Demuth. Ancora nel 1934 (il suo anno di grazia) Carlesso aprì un itinerario estremo sulla parete Sud della Torre Trieste con Bortolo Sandri: in quell'occasione si parlò per la prima volta di sesto grado superiore per il particolare impegno atletico in arrampicata libera che la via richiese. Del 1936 è l'altro grande itinerario aperto da Carlesso, sulla parete Nord-Ovest della Torre di Valgrande con Mario Menti. Queste vie nuove rappresentano due pietre miliari nell'alpinismo dolomitico. Nel 1934 Carlesso ebbe la medaglia d'oro al valore atletico, che fu attribuita per la prima volta quell'anno a un alpinista. Fra i progetti di Carlesso entrarono anche i «grandi problemi» dell'epoca, le Grandes Jorasses e l'Eiger, ma per una serie di circostanze non poté farne nulla. L'attività alpinistica di Carlesso proseguì anche nel dopoguerra, con ripetizioni di alto livello come la via Soldà alla Marmolada.

Da: La Storia dell’Alpinismo

di: Gian Piero Motti.

Volume 1

pag.340/343.

Nel mondo dolomitico, e soprattutto in veneto, spicca la figura del vicentino Raffaele Carlesso, il quale, realizzando alcune imprese nel Gruppo del Civetta, seppe innalzare ad un gradino nettamente superiore il livello raggiunto da Comici con la scalata della Nord della Grande. Carlesso è un personaggio straordinariamente umano, che desta simpatia anche al primo contatto. Carico di vitalità, agile e scattante come un felino, aggressivo, un po’ polemico, per lungo tempo fu veramente un caposcuola dell’alpinismo veneto e seppe creare un vivaio di fortissimi arrampicatori che agivano sulle palestre calcaree delle Piccole Dolomiti vicino a Vicenza.

Raffaele Carlesso durante la sua carriera alpinistica non ha avuto fortuna e quasi sempre ha dovuto “rubare” al tempo e alle condizioni esistenziali difficili, il poco spazio per realizzare le sue imprese. Le condizioni economiche, particolarmente difficili, non gli permisero mai di dedicarsi alla montagna con dedizione totale ed anche questo in un certo periodo fu quasi possibile, un incidente lo allontanò per parecchio tempo dall’attività alpinistica. Quindi un uomo sfortunato, in un certo senso. Ed è proprio per questo che le sue imprese acquistano un valore ancora più grande, in quanto sono il frutto di un puro dilettantismo e non il risultato di un lavoro professionale.

Anche se le imprese di Carlesso hanno un carattere che volge decisamente all’arrampicata artificiale (ma molto rudimentale se paragonata alle raffinatezze dei giorni nostri…!), va detto a scanso di equivoci che il vicentino è stato innanzi tutto un arrampicatore libero eccezionalmente dotato, quasi un funambolo capace di acrobazie incredibili. Non molto alto, tutto nervi, agilissimo, riusciva a superare passaggi “impossibili” in arrampicata libera, ricorrendo ad una tecnica personalissima, tutta impostata sulla opposizione degli arti. Tant’è che ancora oggi, in età piuttosto avanzata, vederlo arrampicare è veramente un piacere per gli occhi ed una dimostrazione palese di stile elegante e perfetto. (questa impressione è riferita agli anni Settanta, ma Carlesso continuerà ad arrampicare fin oltre la soglia degli ottant’anni).

Egli fu però attratto da pareti formidabili, come la fantastica Sud della Torre Trieste, dove solo il ricorso ai chiodi e alle manovre di corda poteva garantire il successo.

Infatti nel 1934 con lo sfortunato Bortolo Sandri (che morirà poi con Mario Menti, un altro compagno di Carlesso, tentando la parete Nord dell’Eiger) Carlesso supera la parete Sud della Torre Trieste, vincendo difficoltà che allora furono definite di “sesto grado superiore”.

La parete segnava veramente un netto avanzamento rispetto ad altre salite precedentemente compiute: in alcuni tratti Carlesso dovette dare il meglio di se stesso per vincere dei passaggi-chiave in arrampicata libera ed artificiale. Se poi si riflette e si pensa ai chiodi che allora gli arrampicatori avevano a disposizione, allora l’impresa di Carlesso si delinea come un capolavoro di arrampicata, realizzato da un uomo in cui coraggio, temerarietà e capacità tecnica sapevano fondersi mirabilmente come in pochi casi.

Ancora oggi, seppure zeppa di chiodi, seppur facilitata in alcuni tratti chiave da alcuni chiodi ad espansione, la “Carlesso” alla Torre Trieste è una scalata di grandissima classe, che ha saputo conservare le sue difficoltà ed il suo fascino, al contrario di altre imprese dell’epoca, che invece a causa della chiodatura hanno decisamente perso il loro primitivo valore.

All’epoca la Sud della Torre Trieste fu giudicata inferiore ad altre vie come la “Cassin” alla Cima Ovest di Lavaredo o la “Soldà” alla Marmolada, dove il ricorso ai chiodi fu più importante e quindi anche il carattere spettacolare più esaltato. Ma invece, a giudizio anche dei ripetitori moderni, la “Carlesso” è certamente più difficile, anche perché i tratti chiave si debbono vincere in arrampicata libera.

 

 

1934 - Raffaele Carlesso con Giovanni Battista Vinatzer effettuano la prima ripetizione italiana della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo.

 

1934 - Raffaele Carlesso, a pochi giorni di distanza dalla sua prima ripetizione italiana della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo, con Hans Demuth realizzano la prima ripetizione della via Comici alla parete Nord-Ovest della Civetta.

 

1934Raffaele Carlesso, (il suo anno di grazia) con Bortolo Sandri aprì un itinerario estremo sulla parete Sud della Torre Trieste: in quell'occasione si parlò per la prima volta di sesto grado superiore per il particolare impegno atletico in arrampicata libera che la via richiese.

 

1934Raffaele Carlesso ebbe la medaglia d'oro al valore atletico, che fu attribuita per la prima volta quell'anno a un alpinista.

 

1936Raffaele Carlesso e Gino Soldà si aggiudicheranno la seconda ripetizione della Nord della Cima Ovest di Lavaredo.

 

1936 - Raffaele Carlesso con Bortolo Sandri vince la gialla e strapiombante parete Nord-ovest della Torre di Valgrande (Civetta) in tre giorni di durissima lotta, superando tetti e strapiombi che opposero difficoltà decisamente estreme. Soprattutto all’inizio della scalata, per uscire da una grotta fu superato un tetto orizzontale sporgente per più di quattro metri sul vuoto: simili passaggi fino ad allora erano soltanto stati superati in palestra a pochi metri da terra, ma mai in montagna. Oggi la “Carlesso” alla Valgrande è una classica che i bravi riescono anche a salire in sole quattro ore…!. Ma attenzione: tutti i chiodi sono in parete e ve ne sono anche di troppo, elegantemente si passa dall’uno all’altro sulle comode staffe con i gradini di metallo e con grande rapidità si superano gli strapiombi. Ben diverso fu il compito di Carlesso: con pesanti corde di canapa, con pochi e pesanti moschettoni di ferro, armato di alcuni grossi chiodi che dovevano andar bene per ogni fessura, aiutandosi con asole di cordino che alla lunga segavano il piede dell’arrampicatore, sospeso nel vuoto senza cinturoni ma legato con le corde alla vita, a volte dovette combattere per ore intere per riuscire a piantare un chiodo in uno strapiombo o sotto il famoso tetto!.

Anche quella della Torre di Valgrande è stata una bella salita. Quando ho fatto quel passaggio in libera sulla Valgrande, è stato un passaggio che vale una vita. Oggi ti ridon dietro. Oggi van su con queste staffe…ma sono passaggi, che veramente, non è la forza, è lo spirito che li tira su! Venir fuori da quel soffitto della Valgrande è una cosa impressionante e, poi, sopra è tutto marcio. Ad un certo punto, non sapevo più come fare. Ho messo un chiodo sottile come un filo d’erba e mi ha tenuto su. Era una salita che non dava respiro…”(La Grande Civetta).

Irriducibile, ma un po’ nostalgico e melanconico, Carlesso ricorda quel periodo magnifico e lo confronta con l’alpinismo di oggi: “… Per me adesso è come se l’alpinismo non esistesse più. Per noi il chiodo era sempre una profanazione della montagna. Usavamo i chiodi per sicurezza e, prima di mettere un chiodo, era come se fossimo andati a confessarci. Questo era il nostro concetto. Oggi ho sessantadue anni. Domenica son andato su con gente di vent’anni…stracci! Alla mia età ho fatto la Nord della Grande in quattro ore e mezza, in cinque ore la Cassin della Ovest e poi la “direttissima” dei tedeschi.

E’ con il sistema di vita che la gente si rovina…Io a Pordenone non ho nulla a che fare. Anche l’ambiente diventa sempre più difficile. Una volta eravamo tutti più umani. Oggi il contatto umano non esiste più. Una volta vi era quel buon campanilismo fra amici, ci volevamo bene, eravamo tutti uniti, la discussione era libera, franca. La montagna è qualcosa di superiore: è educazione fisica e morale…”. (la citazione risale al 1971).