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Gian Battista Vinatzer – (1912-1993)

 

 

Da: La Storia dell’Alpinismo

di: Gian Piero Motti.

Volume 1

pag. 337/339.

 

Nella storia dell’alpinismo vi sono parecchi “eroi sconosciuti” in cui valore fu scoperto e messo in luce solo in seguito alle ripetizioni delle loro vie, compiute in epoche successive al periodo, in cui essi agirono.

 

Il nome di Gian Battista Vinatzer ne è un esempio classico. Senza tema di smentita egli può essere definito come il migliore arrampicatore su roccia del periodo compreso tra le due guerre e certamente, anche negli anni che vanno dal 1950 fino ai giorni nostri, sono stati veramente pochissimi gli arrampicatori che hanno saputo portarsi al suo livello oppure addirittura superarlo.

Nato in Val Gardena nel 1912, Gian Battista Vinatzer aveva certamente la “croda nel sangue”: era uno di quegli arrampicatori, come Tissi o come Andrich, i quali non necessitavano di allenamento alcuno, ma potevano contare su doti naturali eccezionali e su un equilibrio psicologico tale da porli costantemente in condizioni di affrontare difficoltà estreme.

Eppure, se si parlava con Vinatzer, egli rimaneva stupito ed un po’ smarrito quando gli si diceva dell’importanza che le sue imprese hanno nella storia dell’alpinismo. Se c’è un uomo e un alpinista da lodare per la sua modestia, questo è proprio Gian Battista Vinatzer: non pubblicizzò mai le sue imprese, non lasciò mai un racconto, una minima nota tecnica, non scrisse mai le sue impressioni. Tant’è che delle sue vie all’epoca non si seppe pressoché nulla; soltanto quando alcuni ripetitori (come il celebre francese Livanos) si cimentarono sui suoi itinerari a molti anni dalla loro apertura, allora con grandissima sorpresa ci si accorse che “quello sconosciuto Vinatzer” era un arrampicatore di classe eccezionale, colui che seppe portare il limite dell’arrampicata libera ad un livello difficilmente superabile.

Il campo d’attività preferito da Gian Battista Vinatzer sono state naturalmente le Dolomiti e soprattutto quelle più prossime alla sua bella Val Gardena. Le vie aperte sono state assai numerose ed è difficile stendere un elenco completo, anche perché alcune vengono “riscoperte” solo in questi anni. Comunque, all’età di 20 anni Vinatzer riprende nel 1932 la Via Solleder sulla parete Nord della Furchetta e sale fino al Pulpito Dulfer. Invece di attraversare per evitare la giallastra e friabile muraglia sommitale, egli prosegue direttamente per 200 metri fino alla vetta, superando difficoltà veramente allucinanti, definite dai pochissimi ripetitori di questa variante come l’opera di un pazzo o di un irresponsabile. Va detto che Vinatzer è stato soprattutto maestro d’arrampicata libera: fu sempre assai restio all’impiego dei chiodi, ai quali ricorreva solo in caso di assoluta necessità, mentre pare che non abbia mai impiegato, come Detassis, le staffe a gradini. Egli stesso ha sempre detto che la variante della Furchetta, tecnicamente, fu il tratto d’arrampicata più difficile da lui superato.

Tutte le vie di Gian Battista Vinatzer oggi sono come un “test” di prova per gli arrampicatori più agguerriti, i quali il più delle volte rimangono come increduli e stupefatti di fronte alle difficoltà superate in arrampicata libera dal maestro gardenese. Anche se oggi alcuni itinerari risentono un po’ della chiodatura abbondante (Sass de la Luesa, Mugoni, Catinaccio, Piz Ciavazes, Stenia ecc.) che ha facilitato alcuni passaggi chiave, tuttavia le vie di Vinatzer vengono sempre avvicinate con immenso rispetto ed è grande la stima e la considerazione che i giovani nutrono per il gardenese.

 

1932 - Gian Battista Vinatzer con Vincenzo Peristi riprende la Via Solleder sulla parete Nord della Furchetta e sale fino al Pulpito Dulfer. Invece di attraversare per evitare la giallastra e friabile muraglia sommitale, egli prosegue direttamente per 200 metri fino alla vetta, superando difficoltà veramente allucinanti, definite dai pochissimi ripetitori di questa variante come l’opera di un pazzo o di un irresponsabile, le difficoltà erano intorno al VII grado.

 

1932 - Gian Battista (Hans) Vinatzer compie la prima ripetizione della via Micheluzzi sulla Marmolada. In 12 ore, arrampicando scalzo perché nel viaggio in bicicletta dal suo paese perde le pedule!

 

1933 - Gian Battista (Hans) Vinatzer con Vincenzo Peristi innalzano le difficoltà fino alla soglia del VII (o per meglio dire del 6a+). In una parete soleggiata, al di sopra di verdi prati, si innalza una fessura di 200 metri che incide la parete della Stevia, sopra S. Caterina in Val Gardena.

Usano le manchon, scarpette di feltro pressato su pedolina scamosciata (messe a punto da Hans Kresz), unica alternativa alle quali sono le scarpe da pallacanestro adoperate anche da Emilio Comici, ma che costringevano ad un’arrampicata esterna al massimo: busto in fuori, piedi contro la parete e braccia tese a controbilanciare. Sia con le manchon, che con le scarpe da pallacanestro, mancando la rigidità della suola non è possibile alcuna presa di spigolo laterale e tanto meno di punta, ma di aderenza. Molti preferiscono addirittura bagnarne la suola prima del passaggio difficile, ed in mancanza di altro non esitano ad usare un liquido ottenuto “in modo del tutto naturale”. Per ottenere il massimo d’aderenza perciò si arrampica staccati dalla roccia, con il corpo proteso in fuori ad arco; le mani e le braccia sostengono lo sforzo principale. E’ importante la velocità: si sta su grazie alla velocità (come in bicicletta). Dal punto di sosta si parte dopo aver individuato più in alto “il grosso appiglio”, poi ci si lancia di corsa per cinque, sei, dieci metri. Arrivati “al grosso appiglio” ci si può fermare giusto il tempo per chiodare prima della corsa seguente. Gian Battista Vinatzer e Vincenzo Peristi, poco quindi possono sulle placche, ma con incastri e contorcimenti sulla fessura riescono a passare. Assistiamo così ad un nuovo innalzamento delle difficoltà: il VII nasce in fessura.

Karl Poppinger, accortosi che qualcosa sta cambiando, propone inascoltato di introdurre nella scala il VII grado. Ma contro di lui è la parete stessa, mancante di quei requisiti oggettivi necessari a classificarla anche solo di VI°. Anche se il concetto non è ancora presente la via è su una struttura bassa ed insignificante che negli anni ’80 diventerà catalitica del Free climbing: la Falesia.

 

1934 - Raffaele Carlesso con Giovanni Battista Vinatzer effettuano la prima ripetizione italiana della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo.

 

1936 – 2/3 settembre. Gian Battista Vinatzer ad unanime giudizio, la sua impresa capolavoro fu la via aperta il sulla parete Sud della Marmolada di Rocca con Ettore Castiglioni, certamente la via più dura e difficile aperta sulle Dolomiti prima della Seconda Guerra Mondiale. Ettore Castiglioni, seppur arrampicatore di classe eccezionale, dovette ammettere che in quella occasione Gian Battista Vinatzer gli su superiore e che seppe superare da capocordata difficoltà in arrampicata libera che forse egli non avrebbe potuto vincere se si fosse trovato a condurre. Può darsi che la situazione abbia dato un certo fastidio a Ettore Castiglioni, il quale tuttavia in ogni occasione seppe riconoscere il valore di Gian Battista Vinatzer e valorizzò sempre le imprese del gardenese. Però i due non arrampicarono più insieme.

Soprattutto nella prima metà della parete, la via della Marmolada di Rocca è un concentrato di difficoltà che raramente si incontrano in montagna: i passaggi in arrampicata libera sono veramente ardui e sovente si sale solo perché si sa che qualcun altro prima è già passato oppure perché si scorge un chiodo che indica il cammino. Ma se idealmente ci si mette nelle condizioni dei primi salitori che agivano nell’ignoto, allora veramente si riesce a comprendere la capacità ed il valore assoluto di Gian Battista Vinatzer. La roccia liscia e compatta della Marmolada si presta assai poco all’infissione dei chiodi, tanto che questa via rimasta appannaggio di poche cordate molto preparate in arrampicata libera. Purtroppo alcuni, non all’altezza delle difficoltà, a volte venendosi a trovare in situazioni difficili, ricorrono all’uso di chiodi ad espansione, umiliando, nel vero senso della parola, il valore ed il coraggio di chi per primo si è avventurato su queste difficoltà senza perforatore e senza chiodi ad espansione, ma fidando esclusivamente nella propria abilità, pronto a ritornare indietro e a dichiararsi battuto di fronte a difficoltà per lui insuperabili.

 

 

 

 

 

1993 - 3 novembre. Gian Battista Vinatzer è morto all’età di 81 anni nel suo letto.