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Monte Civetta – (3218 m.)

(Gruppo del Civetta)

 

 

1925 - 7/8 agosto. Emil Solleder traccia la via che lo renderà celebre con Gustav Lettenbauer: Apre la direttissima alla parete Nord-ovest della Civetta, «la regina delle pareti» alta più di 1.000 m. Emil Solleder impiegò decisamente la tecnica dell’arrampicata artificiale, usò dodici chiodi e piantò nella fessura iniziale un cuneo di legno, il primo della storia dell’alpinismo moderno, e venne considerata la prima ascensione di VI° grado delle Alpi.

 

1928 – 5/6 settembre. Leo Rittler e Willi Reiner effettuano la prima ripetizione della via Solleder sulla parete Nord-Ovest del Civetta.

 

1929 - Renzo Videsott con Domenico Rudatis e il trentino Giorgio Graffer compiono la salita al Civetta lungo l’intera cresta Nord, una magnifica arrampicata che fu realizzata con l’apporto importantissimo di Giorgio Graffer, uno dei migliori arrampicatori che agirono nella Dolomiti intorno agli anni Trenta.

 

1930 - 31 agosto. Attilio Tissi e Giovanni Andrich compiono la prima ripetizione italiana della Solleder parete Nord-Ovest del Civetta. Fino a quel momento le ripetizioni della Solleder ammontano a sei, e tutte compiuta da cordate tedesche. Tanto da far dire che questa via “non è pane per gli italiani” Ma la settima ripetizione è appannaggio della forte cordata, seguiti a poca distanza da Hans Steger e Paula Wiesinger.

 

1930 – 31 agosto – 1 settembre. Hans Steger e Paula Wiesinger, a poca distanza da Attilio Tissi e Giovanni Andrich compiono l’ottava ripetizione della parete Nord-Ovest del Civetta della via Solleder, e per Paula Wiesinger la prima femminile.

 

1931 - 4/5 agosto. Emilio Comici e Giulio Benedetti compie la sua salita capolavoro, aprendo sulla del Civetta una via parallela alla Solleder; la Comici.

 

1952 - Cesare Maestri sale in solitaria la parete Nord-Ovest la via Solleder sul Civetta. Alla fine della stessa i giornalisti intervistano Marino Stenico che ha assistito all’impresa chiedendogli alcune impressioni sul forte Maestri: “Cesare arrampica con tanta naturalezza che guardandolo sembra tutto facile. Supera passaggi e strapiombi con la stessa disinvoltura di un ragno che si arrampica su un vetro”. Da qui nasce l’appellativo di “Ragno delle Dolomiti”.

 

196328 febbraio - 7 marzo. Durante l’inverno assistiamo alla prima invernale della via Solleder al Civetta parete Nord Ovest. L’assalto è condotto da Ignazio Piussi, Giorgio Redaelli e Toni Hiebeler. E’ il friulano Piussi ad esser l’esecutore materiale della salita. Dal 4 marzo partecipano inoltre all’impresa anche Marcello Bonafede, Natalino Menegus e Roberto Sorgato.

 

1967 – 30/31 luglio. Reinhold Messner, con Heini Holzer, Sepp Mayerl e Renato Reali, aprono un itinerario sulla Nord Ovest della Civetta chiamandolo: la via Degli Amici.

 

1990 - 25 agosto. Manrico Dell’Agnola sale con Alcide Prati il diedro Philipp-Flamm e la via Solleder sulla parete Nord-ovest della Civetta in giornata, con spostamento a piedi.

 

1999Venturino De Bona e Piero Bez, alpinisti di Longarone, aprono sulla Civetta una delle più dure vie delle Dolomiti. Via che sicuramente rimarrà nella storia di questa montagna. Nuvole Barocche è il nome del nuovo itinerario che i due alpinisti hanno tracciato in tre anni di duri sacrifici. Fatiche che però hanno permesso loro di creare una linea perfetta, impressionante, dritta in mezzo alle placche verticali e lisce del cuore della parete Nord Ovest della Civetta.

 

2000 – 14/18 gennaio. La stampa evidenzia la salita compiuta dall’alpinista Marco Anghileri sulla Civetta.(via Solleder).

Egli porta a termine un’impresa, già tentata da Hermann Buhl, che Bepi Pellegrinon non esita a definire «una delle più grandi imprese mai realizzate sulle Dolomiti».

Sulla via aperta da Emil Solleder nel 1925, Marco Anghileri si impegna in una estenuante solitaria invernale.

La prima ripetizione invernale di questo itinerario risale a 37 anni fa, ad opera della cordata Ignazio Piussi, Giorgio Redaelli e Toni Hiebeler, e finora a nessuno era riuscita, nella stessa stagione, la salita solitaria.

Tre dei cinque giorni vissuti in parete sono serviti alle manovre: Marco si arrampica, si cala sulla corda per toglier le protezioni e recuperare il sacco, e risale.

Nelle ultime tre notti il Föhn trasforma la parete in un muro di verglas facendo rischiare il congelamento dei piedi ad Anghileri: «Non ho mai temuto di non farcela. Il secondo giorno, quando si è alzato il vento forte, per un attimo ho pesato di scendere. Le facevo il filo da anni. Due anni fa sullo zoccolo non funzionava il forellino, l’anno scorso nevicava, questa volta non c’era molta neve. Mi sono detto: non posso più aspettare un altro anno. Gli ultimi tre tiri li ho fatti nella bufera, senza guardare dove mettevo mani e piedi. Non capivo più niente.

In cima ho urlato due o travolte, tanto è stata la tensione accumulata. Quando ho riguardato la parete dal basso, non riuscivo a credere di averla scalata da solo».

Da tempo non si registravano imprese del genere! Imprese che alla severità della parete, aggiungono le rigidità del periodo invernale e la “pesantezza psicologica” di essere soli.