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Paula Wiesinger

 

Paula Wiesinger – (

 

 

Parlare di Paula Wiesinger vuol dire parlare di Hans Steger, nato in Austria ma da molti considerato quasi italiano in quanto trascorse tutta la sua vita in Italia, all’insegna di un’esistenza piuttosto avventurosa, dove trovano posto i mestieri più vari, quali il portuale a Genova, il falegname a Roma, il custode a Napoli ed anche il pugile.

Hans Steger probabilmente è stato una specie di “beatnik” ante litteram, comunque dopo i suoi vagabondaggi fece ritorno in Alto Adige e divenne ben presto un rocciatore di livello tecnico più che notevole.

Sua compagna di cordata fu sempre Paula Wiesinger, una commessa che Steger occasionalmente aveva conosciuto a Bolzano, ma che divenne la sua compagna in parete e nella vita di ogni giorno.

 

E di tutte le vie di Preuss.

 

A proposito Massimo Mila, commenta: “Generalmente questa generazione sembra porsi un compito preciso, che è quello di portare l’alpinismo italiano in Dolomiti a livello che Durfer e Preuss avevano assegnato all’alpinismo austriaco e tedesco. Servono a questo scopo ancor meglio le prime ripetizioni, che non le prime assolute di vie magari di difficoltà inferiore a quelle aperte da quei formidabili assi dell’arrampicata. Spesso ci vuole più coraggio, soprattutto morale, a cimentarsi in una difficile ripetizione, che non a cercare una via nuova dove, se non riesce, pazienza, non c’è da temere il bruciante confronto con chi è riuscito”

(M. Mila, Cento anni di alpinismo italiano).

 

Hans Steger era anche una guida alto-adesina e divenne in seguito pure custode di rifugio ed albergatore: si può ben dire che dedicò tutta la sua esistenza alla montagna. Anche nello sci da competizione ottenne dei risultati d’eccezione, come d’altronde la sua compagna Paula Wiesinger.

Ritornando all’arrampicata, oltre alle ripetizioni di prestigio, bisogna ricordare il gran numero delle prime salite di notevole difficoltà – Punta Euringer, Punta Emma da Sud, Torre Stabeler da Ovest, Torre Winkler da Sud – tra le quali spiccano due realizzazioni di sesto grado tra le più complete e difficili di quel periodo:

 

1928 - Hans Steger e Paula Wiesinger salgono la parete Nord della Cima Una, alta 800 metri, lungo la via Della giovinezza in due giorni d’arrampicata e con difficoltà di VI° grado superiore quasi sempre in arrampicata libera.

 

1928 - Hans Steger e Paula Wiesinger insieme svolsero un’attività alpinistica imponente, dove spiccano prime ripetizioni di prestigio: della Simon-Rossi al Pelmo.

 

1928 - Hans Steger e la vivace Paula Wiesinger sulla Torre Venezia, con Re Alberto I° e Aldo Bonacossa sono costretti ad un imprevisto e quanto mai scomodo bivacco in parete, privi di equipaggiamento adatto e viveri. Re Alberto I° del Belgio, anziché amareggiarsi, è divertito da questa nuova sebbene rude esperienza. Per ingannare il tempo e per rassicurare i tre amici che sono preoccupati per lui, illustra ai compagni dettagliatamente le varie stelle e costellazioni che brillano nella volta celeste, sopra le loro teste.

 

1929 – 26/27 agosto. E’la volta della magnifica parete Est del Catinaccio, salita da Hans Steger e Paula Wiesinger, con loro vi erano pure Fred Mase-Dari e Sigi Lechner – lungo una via diretta che segue un sistema di camini e fessure dalla base alla vetta.

Oggi questa salita è una delle più classiche e ripetute delle Dolomiti ed i ripetitori la valutano di IV° e V° grado con tratti di V° superiore e forse un passaggio di VI° in arrampicata libera.

 

 

1930 – 31 agosto – 1 settembre. Hans Steger e Paula Wiesinger, a poca distanza da Attilio Tissi e Giovanni Andrich compiono l’ottava ripetizione della parete Nord-Ovest del Civetta della via Solleder, e per Paula Wiesinger la prima femminile.

 

1933 - estate. Alberto I°, Re del Belgio, Aldo Bonacossa, Hans Steger e Paula Wiesinger salirono per la parete Sud della Punta Occidentale delle Punte di Campiglio con un itinerario vario e interessante, che si svolge nel mezzo della bella parete che fronteggia il Rifugio Brentei. Dislivello 550 m. Difficoltà: IV° grado. - Massiccio di Cima Brenta - Gruppo di Brenta - Dolomiti di Brenta.

Re Alberto I° del Belgio al ritorno, a Passo Pordoi, fa la conoscenza di Tita Piaz, ed informato della sua grande esperienza, gli chiede di unirsi alla comitiva. Il “Diavolo delle Dolomiti” (pseudonimo avuto perché in valle si raccontava avesse venduto l’anima al Diavolo per fare ciò che riusciva a fare) accetta, anche se un po’ ritroso.

L’indomani sale con la compagnia al Sass Pordoi per la parete Sud. Al termine della scalata Tita Piaz non può fare a meno di professare la sua simpatia per la repubblica e denigrare gli istituti monarchici. Re Alberto I° del Belgio, senza scomporsi, gli risponde gentilmente che rispetta le sue idee, e gli dimostra come le pesanti responsabilità di un Re gli rendano la vita meno facile rispetto ad un Presidente Repubblicano. Tita Piaz è colpito dalla dignità del re e si rabbonisce: alla fine una forte stretta di mano suggella una nuova amicizia. Alla morte di Alberto I°, Re del Belgio, Tita Piaz gli dedicherà il suo rifugio ai piedi delle Torri del Vajolet.

 

A merito dei due altoatesini Hans Steger e Paula Wiesinger va anche ascritto un tentativo di salita lungo la formidabile parete Nord della Cima Grande di Lavaredo, vinta in seguito da Comici e dai fratelli Dimai con largo impiego di chiodi. Steger e la Wiesinger non erano certo preparati né psicologicamente né tecnicamente ad un’impresa del genere, non tanto per mancanza di capacità ma soprattutto perché i tempi ancora non erano maturi.

La parete Nord della Cima Grande segnerà un netto passo verso l’artificiale e sarà propria l’impresa che spianerà la strada ad una lunghissima serie di arrampicate di questo genere. Non stupisce tuttavia che sia stato proprio Hans Steger a concepire per primo l’idea della salita; egli infatti era strenuo difensore dei mezzi artificiali ed anche durante le sue ripetizioni delle vie di Preuss o di altre vie, sovente ricorse all’impiego dei chiodi dove i primi salitori erano passati in libera assoluta.

Egli dunque è forse il primo che possiamo inserire nel filone “artificialista”, anche se in realtà le sue arrampicate furono prevalentemente in arrampicata libera, e sulla sua scia giungerà proprio Emilio Comici.

 

Memorabili furono le polemiche e le discussioni che Tita Piaz ebbe, soprattutto con l’alpinista Hans Steger, che in quel periodo aveva svolto una grande attività nelle Dolomiti, ma che, pare, avesse il “martello un po’ facile”; ossia, ripetendo itinerari aperti dai primi salitori senza alcun chiodo, si aiutava invece con diversi e svariati aggeggi di quel genere, suscitando naturalmente le ire di coloro che erano passati in arrampicata libera.