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Karl Blodig – (1859-1956)

 

 

Karl Blodig è stato lo scalatore che per primo si è proposto e ha reso popolare l’obiettivo di scalare tutte le cime di oltre 4000 metri nelle Alpi, un obiettivo che nel tempo ha suscitato l’interesse di molti esperti alpinisti europei.

Karl Blodig, nato a Vienna nel 1859, trascorse la sua adolescenza a Graz.

Da lì, appena quindicenne, partì per la prima scalata degna di nota: il Triglav (Tricorno in lingua italiana) nelle Alpi Giulie.

 

 

1880Karl Blodig fece una delle prime ascensioni della parete Est del Monte Rosa con la guida svizzera Christian Ranggetiner, compiendo la prima traversata del Silbersattel.

 

1880 - 28 luglio. Martino Baretti e Jean-Joseph Maquignaz (pare) abbiano realizzato la prima scalata del Mont Brouillard per la Cresta Sud. Karl Blodig riteneva che la cordata avesse raggiunto solo la Punta Baretti che oggi porta il suo nome. – Contrafforti ItalianiMassiccio del Monte Bianco.

 

1882 – Dopo aver ottenuto il dottorato in oculistica, fece le ascensioni senza guida della Punta Zumstein, della Punta Dufour e del Weisshorn con Louis Friedmann e nel 1885, dopo un breve periodo di lavoro all’estero, iniziò ad esercitare la professione di oculista a Bregenz.

 

Da allora la sua collezione dei Quattromila avvenne come segue:

 

1890Barre des Ecrins, Monte Bianco (entrambi con Ludwig Purtscheller).

 

1892Jungfrau, Mönch, Finsteraarhorn, Aletschhorn.

 

1895Dom, Breithorn, Lyskamm, traversata del Cervino.

 

1898Gross Grünhorn, Täschhorn, Dent Blanche (anch’essi con Ludwig Purtscheller).

 

1899Grandes Jorasses, Dente del Gigante, Aiguille de Bionnassay (con Ludwig Purtscheller, che poco dopo ebbe un incidente sul Dru e alcuni mesi più tardi morì).

 

1899 - Karl Blodig nell’agosto dopo aver scalato il Dente del Gigante dichiarò: «è stata la prima volta nella mia vita che sono tornato a casa insoddisfatto della scalata di una montagna. Avevo la sensazione un po’ avvilente di dovere il raggiungimento della cima non alla mia forza e abilità, ma prevalentemente all’esistenza di mezzi artificiali di salita».

 

1900 Lagginhorn, Fletschhorn (considerato un Quattromila fino al 1950).

 

1901Lenzspitze, con il pittore di montagna Edward Theodore Compton.

 

1902Strahlhorn, Rimpfischhorn, e altri.

 

1903Lauteraarhorn con Max Horten.

 

1903 - 3 agosto. Karl Blodig e Max Horten, furono i primi a salire al Doigt de Rochefort per la paretina Nord. Si portarono sulla cresta nevosa fra l’Aiguille de Rochefort e il Dôme de Rochefort, ma molto più vicino a quest'ultimo, subito a Nord del Doigt de Rochefort. Seguirono una breve crestina di neve, scendendo per mezzo di un gradino di roccia alto 8 metri alla successiva profonda forcella nevosa e portandosi all’attacco della corta parete Nord. La salirono direttamente per una serie di fessure alternate a lastre staccate, fino sull’aguzza cima del torrione (circa 25 metri; 3° grado superiore). - Gruppo Géant-Rochefort - Massiccio del Monte Bianco.

 

1903 - 9 agosto. Karl Blodig e Max Horten fecero la traversata completa dell’Aiguille de Rochefort per la Cresta da Ovest a Est fino al Dôme de Rochefort. La cresta era però già stata parzialmente percorsa dai primi salitori. Classico frequentato percorso su cresta nevosa estremamente aerea, continuamente varia, di grande interesse ambientale e panoramico: tecnicamente non difficile se in buone condizioni, benché a tratti molto esposto, con cornici sporgenti sui due versanti. - Gruppo Géant-Rochefort - Massiccio del Monte Bianco.

 

1903 – 10 agosto. Karl Blodig e Max Horten fecero la prima traversata completa della Cresta di Rochefort da Ovest a Est fino al Dôme de Rochefort.

Karl Blodig scrive entusiasta: «la cresta, che per via dello schiacciamento prospettico appare modesta, guadagna interesse quando più la si percorre; presto diventa una stretta cresta nevosa sui cui fianchi, che si perdono da entrambi i lati nella vertiginosa profondità invisibile, ci bilanciamo lentamente e con cautela, naturalmente gradinando; poco dopo facciamo precipitare una graziosa cornice e quindi possiamo imprimere le orme dei nostri passi fermi sulla neve polverosa».

Essi compirono la prima discesa della cresta, durante la quale il forte Max Horten (un metro e novanta) assicurò verso il basso, il quale risalendo scolpiva gradini per poi assicurare Max Horten e quindi scendere lui stesso.

Dopo il superamento della successiva torre rocciosa i due «corsero sulla stretta cresta come dei forsennati verso il piede dell’Aiguille de Rochefort».

Come poi risultò la tappa dall’Aiguille de Rochefort al Dôme de Rochefort è un po’ più facile della prima parete del percorso.

Alle ore 11 Karl Blodig e Max Horten raggiunsero il piede dell’edificio sommitale della loro meta finale. La roccia innevata richiese 45 minuti di arrampicata per raggiungere la vetta del Dôme de Rochefort. La prima traversata completa della Cresta di Rochefort era stata compiuta. - Gruppo Géant-Rochefort - Massiccio del Monte Bianco.

 

1906 - 11 luglio. Karl Blodig superò con il suo fedele compagno Oskar Eckenstein e il portatore Alessio Brocherel il Col Emile Rey da Ovest salendo poi al colle da Est. – (Alessio Brocherel aveva già messo piede per la prima volta sul Col Emile Rey nel 1899) e i tre salendo lungo la Cresta Nord raggiunsero il punto più alto del Mont Brouillard. – Contrafforti ItalianiMassiccio del Monte Bianco.

 

1907 - 17 luglio. Karl Blodig con Laurent Croux completò la traversata del Mont Brouillard provenendo da Sud, dal Col du Brouillard per il versante Ovest e verificò per la Punta Baretti che per il Mont Brouillard non c’è bisogno di mezz’ora, come disse Martino Baretti, bensì del doppio. Ascensione su ghiaccio e roccia, esposta alla caduta di sassi. Dislivello dal ghiacciaio 750 m. AD. - Contrafforti ItalianiMassiccio del Monte Bianco.

 

1907 - 15 luglio. Karl Blodig e Osckar Eckenstein compiono una prima ascensione ai Rochers del Monte Bianco, ma non ci è dato di sapere quale delle cinque punte raggiunsero. Queste cime vengono raggiunte ben raramente, anche se le loro salite sono brevi e piacevoli, in ambiente appartato d'alta montagna. Forse perché non c'è proporzione tra la faticosa e impegnativa salita alla Capanna Quintino Sella e il carattere minore delle successive loro ascensioni, possono offrire la quasi certezza di una completa solitudine. - Contrafforti Italiani - Massiccio del Monte Bianco.

 

1908 - 12 luglio. Karl Blodig con Edward Theodore Compton raggiunsero una delle cinque punte dei Rochers del Monte Bianco ma non ci è dato di sapere quale. Queste cime vengono raggiunte ben raramente, anche se le loro salite sono brevi e piacevoli, in ambiente appartato d'alta montagna. Forse perché non c'è proporzione tra la faticosa e impegnativa salita alla Capanna Quintino Sella e il carattere minore delle successive loro ascensioni, possono offrire la quasi certezza di una completa solitudine. - Contrafforti Italiani - Massiccio del Monte Bianco.

 

1911 - 9 agosto. Karl Blodig, Humphrey Owen Jones, Geoffrey Winthrop Young e Josef Knubel, realizzarono la Prima ascensione della Cresta del Brouillard dal versante Ovest del Col Emile Rey raggiungendo la vetta del Mont Brouillard e poi raggiunsero la cima del Monte Bianco sei ore più tardi. - Contrafforti ItalianiMassiccio del Monte Bianco.

 

Seguirono la prima guerra mondiale e un infortunio sulle Alpi Bernesi.

 

1932 - Il 27 luglio (solamente cinque giorni dopo la prima ascensione del versante Nord dell’Aiguille du Jardin dal ghiacciaio dell’Argentière, per merito di Armand Charlet, Paul Dillemann e Jules Simond). Karl Blodig all’età di 73 anni fece le ascensioni in solitaria della Grande Rocheuse e dell’Aiguille du Jardin – numero sessantacinque e sessantasei del suo elenco personale di Quattromila.

 

A quell’epoca altri avevano superato Blodig (la sua affermazione di essere stato il primo uomo a scalare tutti i Quattromila si basa “infatti” sull’elenco del 1911), ma il suo nome fu sempre associato all’attività dopo la pubblicazione, nel 1923, di Die Viertausender der Alpen la cui seconda edizione, nel 1928, fu seguita da due ristampe.

Il libro fu ripubblicato a Monaco nel 1978 da Rudolf Rother, con importanti modifiche da parte di Helmut Dumler. Dumler ha scritto anche l’edizione del 1989 illustrata dalle fotografie di Willi Paul Burkhardt. Entrambe queste edizioni sono state pubblicate in Italia dalla Zanichelli.

Su quest’ultima edizione Ken Wilson, della Diadem Books, ha effettuato una profonda ri-progettazione, aggiungendo materiale storico e più di centocinquanta nuove fotografie.

 

L’elenco delle cime è attualmente oggetto di discussioni animate.

Nel suo recente manuale, The Alpine 4000m Peaks by the Classic Routes, Richard Goedeke ne individua un totale di 150 tra cime e anticrime.

Questa nuova versione del libro di Blodig/Dumler prende in considerazione sessanta cime principali alle quali Goedeke aggiunge Punta Baretti per un totale di sessantuno, che si può considerare l’elenco convenzionale da una prospettiva austro-tedesca.

Alcuni alpinisti britannici e francesi hanno osservato che se si deve includere le cime minori del Monte Rosa, diritti altrettanto validi li hanno quelle del Monte Bianco, delle Grandes Jorasses e del Grand Combin.

Anche gli aguzzi pinnacoli dell’Arête du Diable sono ritenuti degni di essere considerati delle cime.

Una commissione dell’UIAA (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche) ha recentemente stillato un elenco che comprende 82 cime.

Comunque, ciò che conta è l’avventura alpina, non la spuntatura di un elenco.

 

La miglior prestazione di Blodig

 

Quando Karl Blodig il 27 luglio 1932 alle 6,25 aggirò la crepacciata terminale del canalone ghiacciato che si alza ripido verso il Col Armand Charlet, era a tre settimane dal suo settantatreesimo compleanno. Un’età alla quale di solito solo pochissimi si aggirano per le montagne e tanto meno percorrono da soli un canalone ghiacciato inclinato fino a 54 gradi.

Nel 1911 egli aveva concluso la sua collezione di Quattromila ma qualche anno dopo aveva appreso che l’Aiguille du Jardin e la Grande Rocheuse erano in realtà dei «Quattromila» indipendenti. Per completare la sua lista mancavano quindi queste vette.

«Dopo il superamento della crepacciata terminale» scrive Karl Blodig nel suo racconto (Zeitschrift des Deutschen und Österreichischen Alpenverein, 1932), «l’inclinazione della gola nevosa aumentò improvvisamente. Lasciai la mia piccozza sulla crepaccia terminale e presi in mano la mia scure da ghiaccio. Ero già salito e sceso un’altra volta con facili zig-zag, tracciando così curve abbastanza piatte. Alla fine preferii salire di lato direttamente, girandomi ora a destra, ora a sinistra.»

Allora non si conosceva ancora l’uso dei ramponi a dodici punte, senza i quali oggi non viene fatta più alcuna ascensione su ghiaccio. E malgrado ciò proprio gli anni trenta sono considerati l’epoca d’oro delle pareti ghiacciate.

Dopo un lavoro sul ghiaccio di nove ore Blodig si riposò seduto sul suo sacco da bivacco sul Col Armand Charlet.

Era piuttosto stanco. Lentamente salì sulla Grande Rocheuse lungo la cresta Est. Qui incontro nebbia. Ritorno al Col e bivaccò alle 19,30.

Il giorno seguente superò la cresta Nordest dell’Aiguille du Jardin in salita e in discesa e alle 8 era nuovamente sul Col Armand Charlet. Si accinse poi ad una sbalorditiva discesa sul ghiacciaio dell’Argentière. L’escursione venne così conclusa. Purtroppo questa sensazionale impresa alpinistica non venne adeguatamente apprezzata. Karl Blodig, con gli ultimi due, poteva vantare l’ascensione di 66 «Quattromila». «Sono diventato modesto e senza pretese, perché so come spesso un destino benevolo, un atteggiamento amichevole della montagna mi abbia restituitola vita.»

Blodig visse altri ventiquattro anni e continuò a esercitare la professione di oculista a Bregenz fino all’età di novant’anni. Fu membro onorario del Club alpino austro-tedesco e dei britannici Alpine Club e Climbers’ Club.

Geoffrey Winthrop Young aggiunse il seguente tributo al necrologio sull’Alpine Club: «Karl Blodig è stato un pioniere dell’alpinismo molto intraprendente, con un carattere e un punto di vista autorevoli … un uomo colto e socievole che merita la fama quasi leggendario che la sua lunga vita gli ha procurato».

«Diranno che era uno scalatore accanito e un portavoce entusiasta delle meraviglie delle Alpi»; si potrebbe dire che con questa frase Karl Blodig, abbia formulato il proprio epitaffio prima di morire, il 7 settembre 1956, all’età di novantasette anni.

L’interesse che egli ha generato è ora una passione che cresce sempre più grazie ai molti che con essa comunicano amore e rispetto per una delle più belle catene montuose del mondo e promuovono una conoscenza più profonda delle radici storiche di uno splendido passatempo.